San Sperate, omicidio Francesca Deidda: dalla confessione di Sollai il movente del brutale femminicidio

Attesa per il nuovo interrogatorio dopo quello di 4 ore che ha portato alla drammatica confessione.


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Manca solo l’ultimo tassello, il movente, poi tutto il drammatico quadro dell’omicidio di Francesca Deidda sarà tragicamente completo. Sarà fissato in queste ore il prossimo interrogatorio di Igor Sollai, il camionista 43enne in carcere per aver ucciso la moglie 42enne, simulando una sua scomparsa volontaria. Giovedì notte Sollai ha confessato il delitto, in 4 ore di interrogatorio davanti al sostituto procuratore Marco Cocco e dopo sei mesi in cui si proclamava ostinatamente innocente. Una confessione in cui ha ricostruito nei dettagli l’omicidio e l’occultamento di cadavere senza però parlare del movente, che sarà invece oggetto del prossimo interrogatorio, quasi certamente non in questa settimana. L’ipotesi degli inquirenti è che si tratti di un movente economico: i due avevano sottoscritto reciprocamente un’assicurazione sulla vita e Sollai avrebbe così incassato 100mila euro oltre alla casa di famiglia per ricostruirsi una vita con l’amante che frequentava da un anno.

Gli elementi a carico di Sollai sono stati da subito schiaccianti. Il telefono usato dopo averla uccisa per mandare messaggi a parenti e amici, la chat trappola con le colleghe, e poi i giri in macchina sul luogo del delitto, la carta di credito usata per comprare le piante con cui coprire il cadavere. E ancora, il borsone nero comprato dai cinesi e il tentativo di vendere il divano dove la sera del 10 maggio ha ucciso Francesca: gli elementi raccolti a suo carico dagli inquirenti sono stati da subito schiaccianti, ma Sollai per sei mesi ha negato di aver ucciso sua moglie, arrivando a scrivere una lettera per il fratello di lei in cui si dichiarava innocente e gli chiedeva di incontrarsi.

La scomparsa di Francesca, 43 anni, risale al 10 maggio scorso, quando la donna sparì misteriosamente da San Sperate. I suoi resti furono ritrovati solo il 18 luglio successivo, in un borsone abbandonato nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125. Lo scorso 18 novembre, la Cassazione aveva respinto la richiesta di concedere gli arresti domiciliari a Sollai, confermando la decisione del tribunale del riesame.


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