Un faro di luce e calore per tanti ragazzi e ragazze che, troppo presto, hanno conosciuto il buio delle difficoltà. Una struttura che accoglie e ascolta, sostiene e guida giovani vite spesso segnate da esperienze dolorose. Qui, ogni giorno, vengono costruite opportunità e condivise speranze. Qui, i giovanissimi vengono aiutati a rinascere, forti di un ritrovato senso di appartenenza.
A Quartu è aperto da un mese il Centro diurno integrato per minori gestito dalla cooperativa Vela Blu. Quindici posti, una bellissima struttura rimessa a nuovo, arredata assecondando le emozioni e gestita come una casa. All’ingresso, nel cortile esterno, una grande scritta nera sul muro bianco: “Non aver paura di ciò che non conosci, cogli l’occasione per comprendere”. All’interno le porte, energicamente arancioni e trasparenti, non si possono chiudere per non creare barriere, sono basculanti ma garantiscono comunque la privacy così preziosa per i ragazzi. Il giallo guizza sui pavimenti e spruzza sole e positività fra le pareti, dove sono accuratamente appese le foto scattate dai ragazzi che hanno attraversato il buio e poi conquistato la luce.
La sala musica con i suoi strumenti stimola l’arte e la adiacente sala multimediale accende la creatività. E poi le salette per consumare i pasti con le sedie trasparenti per far passare luce e emozioni, la sala per relax, tv e meditazione nei toni del blu e dell’azzurro, la stanza studio con il suggestivo tavolo in marmo, il terrazzo e la palestra all’aperto in arrivo.
Una cromoterapia per l’anima che coccola chiunque varchi la soglia di questa casa per adolescenti, tecnicamente Centro Diurno Integrato Minori, che farà rete con la Comunità Integrata per Minori di Aritzo aperta nel 2016: lì si cura la fase acuta del malessere, qui a Quartu si fa prevenzione, ascolto e mantenimento, dopo aver superato il momento più difficile. A Esterzili c’è un terzo centro gestito dalla Vela Blu, la Comunità Socio-Educativa per minori nata nel 2004: otto posti, più due di pronta accoglienza per le emergenze.
A Quartu, con la responsabile Anna ci sono due psicologi, Mauro e Daniele, e nove fra educatori e tecnici: in cucina c’è Checco, per tutti Masterkek, in sala multimediale Francesco mentre Pierfrancesco si occupa di musica. E poi gli educatori Gabriele, Mariarita, Anna, Paolo, Silvia, Franco. Tutti impegnati in un’unica missione: far respirare casa e ottimismo, riaccompagnare nel mondo adolescenti che non vogliono più uscire, che hanno problemi con il cibo (seconda causa di morte in quella fascia di età) o con dipendenza da social e telefoni. La collaborazione con la scuola è costante e fondamentale: i ragazzi che per il momento non la frequentano vengono affiancati dagli educatori e riescono a seguire il programma e non perdere l’anno. Al mattino, appena arrivati, decidono il menù del giorno insieme allo chef e preparano biscotti e ciambelle, abbracciati da una strepitosa cucina verde salvia con una maxi isola gialla. Poi lo studio, le attività, la condivisione.
Qui, i ragazzi che si sentono invisibili agli occhi del mondo, ritrovano se stessi. Un rifugio sicuro, uno spazio protetto dove possono finalmente fermarsi, respirare e, lentamente, ricostruirsi per poi spiccare nuovamente il volo e tornare più forti di prima in quel mondo che tanto li spaventava.
L’équipe di professionisti lavora con passione e dedizione per ricostruire le fondamenta emotive dei giovani, che arrivano nella struttura di Quartu su segnalazione dei servizi sociali e dell’Uonpia (neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza). Educatori, psicologi, assistenti sociali: ogni figura è lì non solo per insegnare, ma per capire, per essere il punto di riferimento che faccia sentire ogni ragazzo accettato, senza giudizio. Qui non si offre solo un tetto, ma anche la possibilità di rielaborare il proprio passato, di confrontarsi con se stessi, di imparare ad aprirsi a nuove relazioni. Una protezione che non cerca di isolare il giovane dal mondo, ma di metterlo in grado di affrontarlo di nuovo, quando sarà pronto. In questi spazi, il ragazzo non è mai definito solo dal suo disagio, ma dalla sua potenzialità, dai suoi sogni, dalle sue capacità. Ogni piccolo passo, ogni progresso, viene celebrato come un grande traguardo, e ogni difficoltà viene affrontata con la consapevolezza che, nonostante tutto, c’è sempre un cammino possibile. Qui, nel loro silenzio e nelle loro sofferenze, i ragazzi trovano finalmente qualcuno che li ascolta, e la fiducia che si crea tra educatori e ragazzi permette a ciascuno di loro di superare la paura di essere giudicato.
Qui, in questo spazio di cura, amore e riscatto, la speranza del futuro esiste davvero.