Centinaia, a volte migliaia di euro anticipati dalle famiglie per accedere a prestazioni sanitarie in strutture private, rese necessarie dall’indisponibilità cronica di servizi presso gli ospedali pubblici. E poi, il silenzio. Nessun rimborso, nessuna risposta.
È quanto denuncia S. P., esasperato da mesi di attese e richieste inevase. “Sono soldi sottratti ai bilanci familiari”, spiega, riferendo di una situazione sempre più diffusa tra i cittadini costretti a pagare di tasca propria esami e visite mediche non erogabili nei tempi prescritti dal sistema sanitario pubblico. L’uomo racconta di aver contattato l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP) di una Asl locale, per conoscere lo stato della propria pratica di rimborso. Alla prima e alla seconda email ha ricevuto una sola, stringata risposta: “è in lavorazione”. Alla terza richiesta, inviata mesi dopo, nessun riscontro. Telefonando direttamente agli uffici, ha ricevuto una giustificazione sconcertante: “Abbiamo disposizioni interne di essere evasivi”, avrebbe ammesso un’impiegata. Secondo informazioni raccolte informalmente, le pratiche di rimborso verrebbero in realtà istruite con esito positivo, ma i pagamenti sarebbero bloccati per mancanza di fondi. “A questo punto – afferma – è incomprensibile il rifiuto persino di fornire notizie sull’esito della domanda. I cittadini chiedono solo trasparenza: sapere se avranno un rimborso o se devono rassegnarsi”. La denuncia solleva gravi interrogativi sul funzionamento degli uffici preposti e sulla reale accessibilità dei diritti garantiti dal sistema sanitario. In un contesto in cui il cittadino è spesso costretto a farsi carico di spese impreviste per tutelare la propria salute, il minimo che ci si aspetta dalle istituzioni è chiarezza e rispetto.