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Una tematica attuale, più che mai, rafforzata dalla testimonianza di chi ha vissuto l’alluvione di 25 anni fa: “Ci trovammo di fronte a un fiume in piena che scorreva lì dove c’era sempre stata una strada, ma decenni prima, un fiume, ricordavano gli anziani”.
Si è svolto ieri il consiglio comunale durante il quale è stata affrontata la tematica da parte degli amministratori, in risposta all’interrogazione presentata da Demontis: massima premura da chi ha ricevuto il mandato da parte dei cittadini, Puddu e la sua squadra non trascurano la criticità che da sempre contrassegna il territorio, dimostrata, rafforzata dalla consigliera Niside Muscas che ha replicato con il ricordo della furia della natura che si era abbattuta esattamente 25 anni fa. “Ricordo nitidamente quella notte fra il 12 e il 13 novembre 1999, e ricordo la disperazione del 13 novembre di esattamente 25 anni fa” spiega Muscas. “La pioggia cadeva incessante, sembrava non volersi fermare mai. Fu una notte di angoscia e di paura, quella del 12 novembre, una notte che ci ha segnato tutti profondamente. Mi rivolsi ai vigili del fuoco, cercando un aiuto, e la loro risposta risuonò come un monito inquietante: ci chiedevano se avessimo un posto in alto dove rifugiarci, perché loro stavano già salvando le persone dai tetti e/o coi gommoni.
Mio padre venne a soccorrerci, e mentre ci dirigevamo da via Bainsizza in via Trieste, ci trovammo di fronte a un fiume in piena che scorreva lì dove c’era sempre stata una strada, ma decenni prima, un fiume, ricordavano gli anziani.
Cercammo rifugio a casa loro, a casa dei miei genitori, lontano da quell’acqua che ormai invadeva tutto. Restammo lì quando la casa dove abitavamo venne dichiarata inagibile. Ricordo Rosario, mentre andavamo verso casa dei miei, che stringeva in braccio nostra figlia Sara, appena quattro anni, e Sara che guardando in basso diceva: “Papà, ho l’acqua ai piedi”. Parole semplici, innocenti, eppure il loro peso fu schiacciante: l’acqua aveva raggiunto livelli impressionanti.
L’ordinanza di sgombero per la nostra casa arrivò poco dopo. Ci dissero che dovevamo andarcene, che quel posto non era più sicuro. E noi, come tante altre famiglie, tornammo a casa solo per trovare tutto distrutto”.
Le figlie piccole di quella coppia scampata alla morte, prese in braccio e portate in salvo: i bambini, la priorità per chiunque, persone fragili con occhi ingenui che hanno vissuto uno dei tanti disastri che la natura può riservare.
“Dentro gli armadi, fino a un metro da terra, tutto era perduto: vestiti, ricordi, due auto distrutte, tutte le nostre foto spazzate via. Dopo qualche giorno, Silvia, che aveva poco più di due anni, si ammalò di salmonellosi, e anche questo fu un colpo doloroso, causato da quell’acqua che non avrebbe mai dovuto entrare nelle nostre case.
Questa non è solo la storia della mia famiglia; è il ricordo di una comunità che ha vissuto il trauma di un’alluvione che ha portato via vite, oggetti, ma anche certezze”.